La Giunta di Valladolid (che diede vita alla Disputa di Valladolid) fu un consiglio di personalità esperte di diritto e di teologia, convocato da Carlo V d'Asburgo in due sessioni distinte tra il 1550 e il 1551 con lo scopo di discutere la natura giuridica e spirituale delle popolazioni native dell'America centrale e meridionale, sottomesse al potere spagnolo, in particolare per dirimere la controversia sulla presenza dell'anima negli indios (poi effettivamente riconosciuta).
A seguito di una lunga polemica sul diritto da parte degli spagnoli di muovere guerra agli indigeni, il 16 aprile 1550 re Carlo V (1500-1558) sospese tutte le esplorazioni e convocò quella che prenderà il nome di Giunta di Valladolid (1550-1551) con lo scopo di creare una solida base teologica e giuridica che legittimasse la conquista del Nuovo Mondo da parte degli spagnoli.
La Giunta di Valladolid vide contrapposte la teoria del frate domenicano Bartolomé de Las Casas, sostenitore dell'incolumità degli indios, e quella dell'umanista Juan Ginés de Sepúlveda, difensore del diritto degli spagnoli a sottomettere i nativi (di uguale posizione era il portoghese fra Tommaso Ortiz che sosteneva che "gli uomini di terraferma delle Indie mangiano carne umana e sono sodomiti più di qualunque altra gente")[1], in polemica da molti anni, ed ebbe luogo nell'Aula Triste del Palacio de Santa Cruz a Valladolid.[2]